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I premiati della 42/esima edizione del festival

Autori italiani e internazionali sul nostro red carpet

Ecco titoli e motivazioni dei film vincitori del Laceno d’Oro 42. I premiati del concorso si aggiudicano un premio di Euro 3.500 per i lungometraggi e di Euro 1.500 per i cortometraggi grazie al contributo dalla Cassa Rurale di Battipaglia. La giuria dei lunghi è stata formata da Abel Ferrara, Giovanni Cioni, Francesco Clerici, Giulio Casadei, Ross Sutherland. A giudicare i corti sono stati invece Carlo Michele Schirinzi, Federico Francioni e Andrès Arce Malconado.
 


CONCORSO DI LUNGOMETRAGGI
PRIMO CLASSIFICATO

Drift-Lacenodoro-2017

DRIFT
di Helena Wittmann

(Germania, 2017)

“La connessione permanente in cui viviamo non abolisce la distanza. Con un lavoro cinematograficamente potente, Drift ci invita a solcare l’oceano in cerca di una via segreta (onirica e reale) per esplorare, colmare e misurare la distanza con l’altro”. 


CONCORSO DI LUNGOMETRAGGI
MENZIONE SPECIALE

La nuit éclaire la nuit (DARK ON DARK)
di Laurent (Lo) Thivolle 

(Francia, 2017)
La notte di un barbone filosofo illumina la notte della società a partire da una piazza, luogo di passaggio. Un ritratto e un’amicizia che si sviluppano nel tempo, strato su strato, scavando nella complessità della storia coloniale francese, sfociando in un’interrogazione sull’altro.
 


CONCORSO DI CORTOMETRAGGI
PRIMO CLASSIFICATO

CONFIDENT
di Karen Akerman e Miguel Seabra Lopes

(Brasile, 2016) 

Qualcosa è successo: corpi alla deriva tentano di fuggire continuamente da un interno ma restano impigliati nella ripetizione. “Questo sono io”, “questa è la mia casa”, le porte sbattono sui nostri occhi lasciandoci in balia del naufragio. Gesti, parole, mappe incomplete frantumano la linea del racconto disorientandoci. Un padre è scomparso.

 


CONCORSO DI CORTOMETRAGGI
MENZIONE SPECIALE
DEBORAH ROMAGNUOLO

MANTO
di Gianluca Marinelli

 (Italia, 2017)

Uno spontaneo archivio di immagini, dettato dall’urgenza di una donna, è colto nel suo farsi: registra volti, custodisce frammenti. Al suo sguardo si sovrappone quello dell’autore, in un caleidoscopio ambiguo che gioca sul labile e precario equilibrio tra cosa e chi produce le immagini. Un cortocircuito sull’atto del filmare.

 

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